Il Mediterraneo dovrebbe essere una meta naturale per le
imprese italiane, ma alcune problematiche frenano gli investimenti.
Le imprese italiane sembrano essere frenate dall’investire
nel mercato del Mediterraneo, soprattutto a causa della discriminazione
commerciale a favore degli operatori locali che rappresenta il principale
ostacolo per 6 imprenditori italiani su 10.
Altro ostacolo che disincentiva gli investimenti nei Paesi
del Mediterraneo meridionale il mancato rispetto degli accordi. Un’impresa su 4
(23%) riscontra criticità nell’allacciare rapporti solidi con i Paesi partner
mentre il 15% denuncia difficoltà nel far fronte alla mutevolezza e
all’instabilità del contesto giuridico-istituzionale locale. Di contro, gli
imprenditori sono stimolati e chiedono (58%) trasparenza nelle procedure ed
effettiva tutela giurisdizionale a livello locale.
=> Internazionalizzazione in Tunisia
Discriminazione commerciale e mancato rispetto dei patti
messi in atto dai Paesi esteri ai danni delle aziende italiane sembrano essere
più accentuate con riferimento ai mercati delle risorse naturali come petrolio,
gas e carbone (25%), dei metalli preziosi (20%), immobiliare (19%), liquidità e
strumenti assimilati (13%), beni di lusso (12%) e divise estere (9%). Gli
stessi asset riscontrano tuttavia anche maggiore interesse.
Nonostante questo, il Mediterraneo rappresenta, forte della
posizione geografica, una meta naturale per le imprese italiane:
è il primo naturale sbocco verso l’internazionalizzazione
per il 42% degli intervistati;
l’opportunità più prossima per il business (22%).
Ma anche:
un luogo di difficile approccio per le dinamiche politiche
che caratterizzano ogni singolo Paese (19%);
luogo dove integrare i sistemi produttivi sia investendo in
corridoi logistici sia in piattaforme produttive (14%).
In materia di investimenti gli aspetti che andrebbero
rafforzati sono:
per il 20% dovrebbero essere sviluppati modelli formativi
per gli operatori economici e la forza lavoro dei Paesi partner;
per il 18% bisognerebbe dare più spazio al settore privato;
il 16% auspica una cooperazione transfrontaliera tra Italia
e i Paesi dell’area;
il 15% indica la necessità di rafforzare le infrastrutture
socio-economiche;
il 17% si aspetta una semplificazione delle procedure;
infine il 12% preme per un consolidamento dei partenariati;
per il 31% degli imprenditori servirebbero misure per
incentivare gli investimenti dall’estero;
per il 29% una maggiore visione di ampio raggio da parte
delle stesse aziende italiane;
il 46% vorrebbe che venisse potenziata l’assistenza tecnica
a loro favore nei Paesi esteri;
il 42% auspica la promozione di una buona governance in un
contesto difficile;
il 34% li lamenta della corruzione;
il 26% indica l’eliminazione delle distorsioni nel mercato;
il 22% desidera un maggior sostegno delle autorità pubbliche
dei Paesi partner alle imprese investitrici;
il 18% vorrebbe vedere attuate strategie di liberalizzazione
del mercato dell’energia, integrazione dei mercati dei capitali e
liberalizzazione degli scambi di merci e servizi.
=> Disciplina delle società controllate estere
Questo quanto emerge dallo studio promosso dallo studio
legale K&L Gates Milano in occasione del convegno “Doing Business in the
Mediterranean Area – Challenges and Opportunities” che ha chiesto a circa 100
imprese italiane il loro punto di vista nell’approccio con gli investimenti nei
Paesi del Mediterraneo.